Ispirata al bestiario medioevale, Femminarium è un’opera associativa contemporanea in versi in cui le femmine vengono interpretate in modo simbolico, allegorico e un po’ pecoreccio.
Il teatro è donna.
Sempre più femmina.
Contra un atavico strapotere di personaggi virili, il regista si tuffa nell’universo muliebre per riemergere con tanto calore e pochissimi peli sulla lingua.
C’è voglia di umanità, considerazione, prestanza, passione e gravidanza.
Langue appagamento, soddisfazione, concretezza, fiducia, visione del futuro, pensionistica progettualità.
Si canta, ma la carenza non passa.
Si sperimenta, ma il desiderio non si smorza.
Si parte, ma la distanza non colma la vacanza.
Cosa vogliono le donne?
Cosa meritano?
Cosa sentono?
Cosa vuol dire essere donna?
Non lo sa il regista, non sa rispondere nemmeno l’autore, ma la musica, quella viscerale, epidermica, tamburinica, che mette a nudo, che sveste i lati più reconditi, ribalta, squassa e rivela, porta la canoscenza ove nullo omo ene digno pervenire.
Regia Andrea Monti
Con Simona Leone, Lisa Recchia, Giorgia Valeri, Umberto Papadia
Aiuto Regia Matelda Sabatiello
Musiche originali e dal vivo Umberto Papadia
Scene e Costumi Angela Di Donna, Mariagrazia Iovine
Di Marcello Isidori
La Compagnia Dupla Carga ha debuttato il 3 marzo, e sarà in scena fino a martedì 8, al Teatro Elettra, probabilmente uno dei teatri più piccoli, ma anche graziosi, di Roma e forse d'Italia, con lo spettacolo Femminarium, scritto e diretto da Andrea Monti. Uno spettacolo molto originale, catalogabile se proprio necessario nel genere del teatro-canzone, ma che è anche un po' musical, varietà, cabaret e teatro di prosa. In scena cinque scatenate attrici, una ballerina e un uomo, che accompagna le azioni sceniche suonando e cantando dal vivo. Il tema dello spettacolo, come chiaramente mostra il titolo e come viene esposto nel programma di sala, è la donna: "Cosa vogliono le donne? Cosa meritano? Cosa sentono? Cosa vuol dire essere donna?" In realtà, a me è sembrato, che il tema sia più incentrato sul rapporto che la donna ha con l'altro sesso
anche in funzione della più grande (ma non l'unica) vocazione naturale che è la procreazione e la maternità. Lo spettacolo è un continuo alternarsi di brevi o brevissimi monologhi, dialoghi, frammenti di situazioni, canzoni cantate e suonate dal vivo e pezzi di danza. Il flusso continuo e giustapposto di tutti questi frammenti compone in modo omogeneo, come un puzzle dalle mille piccole tessere, un quadro sfaccettato e colorito, malinconico e divertente, intimo e sguaiato, di donne in diverse fasi della loro vita, dall'adolescenza alla maturità. Parlano soprattutto di uomini, queste donne in scena, delle avventure, delle speranze, delle delusioni, delle contraddizioni tra ciò che credono di volere e ciò che vogliono veramente, della rabbia e del risentimento, della passione, della voglia di sognare, di fuggire o divertirsi. Parlano dei difetti degli uomini ma mostrano anche i loro. Non parlano delle virtù degli uomini e mostrano di non avere la consapevolezza delle proprie. Frammenti di storie inventate dall'autore ma anche suggerite, raccolte o "rubate". Il testo in romanesco fitto e articolato, con ricercatezze e rime che si alternano a modi di dire più comuni e usuali, realizzato in scena da una regia fantasiosa e rigorosa che consente agli artisti in scena di mantenere un ritmo serrato per quasi tutta la durata dello spettacolo. A belle canzoni originali si affiancano pezzi storici, tra gli altri, di De Andrè, dei Doors, dei Pink floyd (bellissima l'esecuzione di Umberto Papadia e Lisa Recchia di "Mother"). Un "bestiario" vivace e vero che fa divertire, pensare ed emozionare e che mi sento di consigliare a tutti.
Di Ester Ippolito
Donne in scena,vitali, polemiche , aggressive e chiacchierone. In uno sfogo senza fine , le interpreti, tra intermezzi musicali e di danza , urlano le loro ambizioni, desideri, delusioni , timori : al centro l’amore, il sesso, il rapporto con gli uomini (che non ne escono per niente bene), la voglia di maternità ,la ricerca della felicità.Questa l’anima di Femminarium, performance teatrale in musica programmata recentemente (3 febbraio 2018) al Nuovo Teatro San Paolo. Autore Andrea Monti,le attrici (cantanti e danzatrici) Lisa Recchia, Martina Barboni, e Giorgia Valeri. Il musicista Umberto Papadia (U’Papadia),cantautore e percussionista salentino,ha curato le musiche.
Due uomini- l’autore Andrea Monti e il musicista Umberto Papadia (U’Papadia), cantautore e percussionista salentino, ideatore del progetto folk rock “La Perosnopera” (2010), e tre donne, vitali, polemiche , aggressive e chiacchierone, le attrici (cantanti e danzatrici) Lisa Recchia, Martina Barboni , e Giorgia Valeri. Tutti insieme per raccontare il punto di vista delle donne ,mettendo a nudo le loro anime. In uno sfogo senza fine , le interpreti, tra intermezzi musicali e di danza , urlano le loro ambizioni, desideri, delusioni , timori : al centro l’amore, il sesso, il rapporto con gli uomini (che non ne escono per niente bene), la voglia di maternità ,la ricerca della felicità.
Questa l’anima di Femminarium, titolo ispirato al bestiario medievale,performance teatrale in musica andata in scena recentemente ( 3 febbraio2018) al Nuovo Teatro San Paolo di Roma, 47° replica, un lavoro ricco di energia e di spunti che ha ricevuto anche alcuni riconoscimenti: Miglior testo al Testaccio Comic Off 2016 e Selezionato Milano Off 2017.
“Cosa vogliono le donne?Cosa meritano?Cosa sentono?Cosa vuol dire essere donna? Non lo sa il regista, non sa rispondere nemmeno l’autore....”
Le interpreti si muovono con disinvoltura sul palcoscenico alternando arditi monologhi a passi di danza (sfumature musicali dal flamenco al samba alla pizzica ...) che dovrebbero aiutare a liberarsi e a esprimersi, e una colonna sonora quanto mai varia ed evocatrice. Presenza costante , in qualità di osservatore distaccato, impassibile ma ammiccante , il musicista Papadia che con molteplici strumenti (chitarra, tamburello,potipu, scacciapensieri...) irrompe in scena, ascolta, affianca le protagoniste regalando note musicali.
L'opera complessivamente risulta armonica, senza cadute o momenti bassi. Probabilmente il taglio di alcune battute, e un gioco di luci più efficace sul palco ,potrebbe dare un ulteriore guizzo di vivacità alla performance che già si caratterizza per impeto ed energia.
Di Emanuela Mugliarisi
In scena all'interno del festival F.I.L. MilanOff una divertente e brillante commedia intitolata “Femminarium”, per ridere delle donne e con le donne ma soprattutto per ridere degli uomini perché ormai si sa: gli uomini sono le nuove femmine! In scena tre attrici che fanno per 1000, delle vere forze della natura che non vi lasceranno indifferenti con la loro verve.
"Pensavo fosse amore, e invece era una guerra". Una frase pessimista, direte, l'ennesima visione acida della vita e dell'amore spiegata da delle zitelle incattivite. Ebbene no, ci troviamo di fronte a delle amazzoni che piene d'ironia ed energia ci fanno ridere per oltre un'ora delle debolezze di noi donne, ma guardandoci a confronto con l'altra metà del cielo: gli uomini, che ormai sempre più sembrano essere diventati il "sesso debole". Sì, perché le tante tipologie di femmine che vediamo rappresentate in questo "bestiario al femminile" (da cui appunto il titolo “Femminarium”) sono solo apparentemente stereotipate e tenute in piedi dai luoghi comuni: in realtà, in ognuna di loro, si nascondono infinite sfaccettature sempre rese con quella parlata romanaccia che fa tanto autentico e garantisce la risata: una risata a volte di pancia, a volte amara, altre volte strettamente collegata a riflessioni profonde.
Le tre attrici in scena che in questa occasione sono in formula ridotta (nel testo originale ne sono previste cinque), sono le bravissime Lisa Recchia, Nicoletta Tulli e Giorgia Valeri: un trio di bellezza, talento attorale ed energia che le fa apparire come fossero cento donne diverse in scena; in questo viaggio tra le tante sfumature dell'essere donna, le tre protagoniste sono accompagnate dal satiro/menestrello Umberto Papadia, bravissimo musicista e autore delle musiche originali e degli arrangiamenti di brani famosi che scandiscono il ritmo incalzante di questo spettacolo. Ognuna di noi donne potrà riconoscersi con ironia nella donna aggressiva, in altri aspetti si rivedrà in quella passiva, altre volte in quella innamorata o magari in quella disillusa, quella che cerca un uomo e quella che si fa cercare. È un'opera in cui il ritmo non lascia tregua e la risata è sempre dietro l'angolo come anche la possibilità di riflettere, di suscitare un processo di catarsi tanto nelle donne - che si rivedranno nello spettacolo - quanto negli uomini che potranno ridere di se stessi ma anche delle amiche, mamme, fidanzate che sicuramente ritroveranno in alcuni atteggiamenti portati in scena.
Quello che stupisce è che lo spettacolo sia scritto da un uomo, eppure l'ironia non è mai volgare, il tocco con cui tratteggia le varie tipologie di donne non è mai velato di vittimismo o di senso di sconfitta ma di volitiva presa di posizione, per questo un plauso in più va ad Andrea Monti (autore e regista del testo) non solo per questo testo sagace e brillante scritto con abilità, ma anche per la capacità di gestire una regia che con pochissimo (e soprattutto con l'abilità di tre bravissimi attrici) riesce a creare mondi, situazioni, contesti davvero variegati e riuscitissimi.
Di Giuseppe Cassarà
Guardando “Femminarium”, spettacolo scritto e diretto da Andrea Monti (un uomo, attenzione), ciò che viene alla mente è un’altra opera, anch’essa scritta da un uomo, nel 406 a.C. circa, ossia “Le Baccanti”, ultima tragedia di Euripide, che ripassiamo rapidamente: Dioniso, per punire il gerarca di Tebe Penteo che rifiuta di riconoscere la sua natura divina, getta un incantesimo sulle donne della città, tramutandole in Baccanti, invasate adoratrici del dio che alternano momenti di estasi dei sensi a vere e proprie orge di sangue, durante le quali squartano uomini e animali con le loro nude mani. Penteo, convinto da Dioniso a travestirsi da donna per mescolarsi alle Baccanti, viene da queste riconosciuto, legato a un albero e fatto a pezzi (il colpo di grazia, per amor di tragedia, gli viene dato dalla madre).
“Le Baccanti” è considerata una delle più grandi tragedie di tutti i tempi, fornendo materiale che avrebbe fatto divertire tantissimo gli psicanalisti di tutto il mondo: le donne ubriache di sesso e di sangue che dileggiano e poi distruggono un uomo che ha osato unirsi a loro sono state il centro di numerosissime rivisitazioni in chiavi più o meno ironiche (in ultimo, e non per importanza, quel capolavoro che è “Venere in pelliccia” di Roman Polanski, 2013). Non è dato sapere se Andrea Monti si sia davvero ispirato a Euripide per scrivere il suo spettacolo, ma a vedere queste cinque donne sul palcoscenico dell’Elettra (dove andranno in scena fino al 13 marzo) il parallelismo sorge quasi spontaneo.
Cinque donne, cinque diverse femminilità. D’altronde, “Femminarium” fa riferimento proprio ai bestiari medievali, una raccolta di specie femminili della razza umana. C’è la donna aggressiva, quella passiva, quella innamorata e quella disillusa, quella che cerca un uomo e quella che si fa cercare, quella mora e quella bionda. Luoghi comuni? Forse. Ma quando il tema centrale dell’opera è l’eterno dibattito “maschi contro femmine” (antico quanto Euripide) il discorso è sempre uguale: gli uomini non comprendono le donne, non le possono comprendere. E quel “chiaro?” che chiude lo spettacolo, rivolto agli uomini in platea, è una provocazione, perché le cinque femmine sono consapevoli di averci confuso ancora di più. Ogni donna vuole qualcosa di diverso (come ogni uomo, perché non è vero che tutti gli uomini pensano solo al sesso), ma più di tutto, ogni donna vuole sentirsi prima che amata, desiderata.
Quando un uomo che non sia un troglodita (ci sono pure quelli) s’innamora davvero di una donna e si ritrova a contatto ravvicinato con l’universo femminile, scopre tante cose anche su se stesso. Scopre, innanzitutto, e a volte con sua enorme sorpresa e rammarico, che non tiene lui le redini sentimentali della relazione; che è più che possibile che nella mente della donna sia passato più e più volte il pensiero “mo questo lo accanno” – lo spettacolo è rigorosamente in romanesco stretto – con buona pace di quella virilissima sicurezza che ogni uomo sente il dovere di ostentare. Insomma in amore (che è una guerra), i cuori da spezzare sono due e la donna ha pari opportunità. Ciò che ha in più è il mistero, quel fulcro di bellezza che nemmeno Monti riesce, dichiaratamente, a cogliere ma che le donne comprendono senza bisogno di parlare. Ed era interessante vedere, durante lo spettacolo, come fossero le donne in sala a ridere di gusto, lasciando noi uomini nel risolino imbarazzato di chi non vuole fare una brutta figura.
Baccanti vere e proprie, capaci di mettere in ginocchio il loro fauno (in questa particolare occasione interpretato da Umbero Papadia e dalla sua chitarra che accompagna i canti e i balli delle donne), queste femmine spietate fanno verbalmente a pezzi i loro uomini, non senza esilaranti contraddizioni: c’è la donna che si concede all’uomo che non le piace (anzi le fa schifo) perché non riesce a resistergli, o quella che dopo dieci mesi di relazione con uno più giovane che la fa sentire amata, viva, sensuale e desiderata pensa sia arrivato il momento giusto per mollarlo, per tutti i motivi di cui sopra.
“Femminarium”, insomma, non pretende di portare nuova linfa al dibattito sul femminismo (perché, diciamolo, con uno stupro ogni mezz’ora, un femminicidio al giorno, la discriminazione che ancora avviene sul lavoro e nella vita, ci sarebbe molto altro di cui parlare), non vuole nutrirsi di politica o di polemica. Si ride sulla guerra più antica del mondo, quella degli uomini contro le donne, in amore, nel sesso, nella vita.
Note a margine: bisognerebbe scoprire cosa verrebbe fuori se, per una volta, uno spettacolo su cosa vogliono le donne fosse scritto e diretto da una donna. Sarebbe un interessante punto di vista.
Inoltre, nell’epoca in cui abbiamo (finalmente) socialmente accettato che l’amore è molto più che uomo-donna o donna-uomo, forse sarebbe il caso di abbandonare vecchi luoghi comuni per crearne di nuovi. Infine, e qui chi scrive è un uomo, un giorno sarebbe bello vedere uno spettacolo dove gli uomini dicono la loro sulle donne. Anzi, a ben pensarci esiste già: si consiglia la visione di “Le streghe son tornate (Las brujas de Zagarramurdi)”, dello spagnolo Alex de la Iglesia.
Di Flaminio Boni
Scritto e diretto da Andrea Monti e ispirato al bestiario medievale, Femminarium è un testo che muove per associazioni di idee e pensieri, per connessioni a volte naturali altre volte giocosamente forzate, in cui viene presentato il mondo mutevole e imperscrutabile delle donne.
I toni della narrazione partono dal drammatico per svilupparsi poi in una vera e propria farsa.
La penna dell’autore affonda nell’incommensurabile mondo femminile rimanendo intrappolata in un viluppo di tipici atteggiamenti contrastanti, ma sempre realistici.
Entriamo così in un mondo matriarcale in cui la donna pone e dispone, crea e distrugge, innalza e annienta, ogni volta in maniera diversa, come seguendo un capriccio del momento, che verrà, però, sempre sostenuto e difeso da un solido, anche se a volte improbabile, ragionamento che, partendo dall’esperienza diretta, mutuata a sua volta dal modo percepire proprio delle donne, vuole innalzarsi a scientifico ed esige rispetto e accettazione da parte dell’uomo.
Il mondo femminile viene declinato in innumerevoli modi e maniere: troviamo, con passaggi a volte pindarici da non essere comprensibili dalla limitata mente maschile, un carico di emozioni e pensieri del mondo femminile che ci vengono sbattuti in faccia con forza, determinazione e disperazione.
La donna richiede appagamento, rispetto, considerazione; la donna pianifica il futuro, non solo il suo, ma anche quello del suo uomo, anzi lei pianifica anche come dovrà essere il suo uomo ancora primo di incontrarlo e in questa ricerca dell’ideale si perderà miseramente, ma caparbiamente rincorrendo un ideale che non c’è.
Prenderà consapevolezza delle sue alte aspettative, ma, nonostante questo, continuerà a cercare e a pianificare perché ai suoi occhi, ma soprattutto alla sua mente, il problema non saranno mai le aspettative troppo alte e rigide, ma sempre l’inadeguatezza dell’uomo.
Attraverso vari piccoli racconti di vita appariranno sul palco ogni volta mille donne: donne frustrate e rancorose; donne forti e donne deboli; donne stanche e donne indipendenti; donne tristi, ma fiere e indipendenti; deluse dall’uomo, ma sempre in cerca dell’uomo vero e dell’Amore.
Donne volubili, fragili, ma anche velenose con una grandissima a volte disperata voglia di maternità, talmente forte che le porterà a considerare l’uomo come un mero mezzo, uno strumento non del piacere (sarebbe troppo pretendere anche quello), ma della fecondazione.
Tutte queste donne sono una e centomila, mai nessuna: ognuna può racchiudere nello stesso momento più caratteristiche di quelle descritte sopra, e altre ancora, in virtù di quel meraviglioso carattere uterino del quale fanno grande sfoggio e di cui vanno orgogliose.
Nel dispiegarsi di questo mondo femminile convulso e frenetico, incomprensibile per la mente umana, il maschio non può fare altro che soccombere.
Tutto questo mondo viene raccontato dalla voce delle sei protagoniste in un susseguirsi di parole in piena, musica e canzoni tra il comico e il surreale.
Il tutto arricchito dalla scelta del dialetto romanesco in un linguaggio diretto, brusco ed efficace.
Brave le ragazze Valenitina Grimaldi, Simona Mazzanti, Roberta Provenzani, Lisa Recchia, e Paola Zaro a mantenere il ritmo serrato delle battute e lo scambio continuo di ruoli, accompagnate dalle coregorafie di Giorgia Valeri e dall’unico uomo sul palco, Umberto Papadia, menestrello e cantastorie che accompagna le canzoni con la sua chitarra e, tra l’altro, autore delle musiche originali.